martedì 21 giugno 2011

LA CONDIZIONE DEI GIOVANI NEL MONDO: UN'ANALISI DAL PUNTO DI VISTA DELLE OPPORTUNITA'

Recentemente ho letto il primo (e unico) rapporto mondiale sulla condizione dell'adolescenza nel mondo redatto da UNICEF. Il rapporto è un concentrato di dati e osservazioni interessanti, e laddove mancano informazioni anche in questo senso è possibile fare commenti importanti. In che senso? Lo si vedrà di seguito. 


Cosa vuol dire essere giovani?


Si è detto che essere "giovane" non coincide con un'età standard per ogni luogo e ogni società, e nemmeno in ogni tempo. In molti paesi del mondo una bambina di 8 anni è considerata adulta, nel passato anche in occidente una bambina di 12 anni poteva essere data in sposa ad un uomo più grande. La consapevolezza che esiste una costruzione sociale (*) dei concetti e dei loro significati è determinante per comprendere i fenomeni sociali. Se in occidente i giovani sono la categoria che pare abbia subito i maggiori effetti negativi dalla crisi economica del 2008, sopratutto in termini di prospettive future di lavoro e di costruzione di un nucleo familiare indipendente, nel resto del mondo i problemi che interessano questa ampia fascia di individui sono molto variegati e, purtroppo, molto più drammatici. Dal rapporto UNICEF 2001, emerge che al mondo ci sono 1,2 miliardi di individui tra i 10 ed i 19 anni (**). Questi individui sono coloro che possono essere definiti "adolescenti". La seconda fase della vita, dopo l'infanzia, è cruciale perché rappresenta il periodo in cui vengono a costituirsi le prospettive e le speranze di vita, i percorsi da intraprendere ed è il periodo più delicato e trascurato da parte delle organizzazioni internazionali, oltre che dai singoli Stati. Dati su questa popolazione, infatti, ne esistono pochi. Certo è che la grande maggioranza di loro vive nei PVS e non in occidente. 


 Grafico.1. Popolazione Adolescente nel mondo, per area geografica






























Quale è la condizione di questi "adolescenti"? 


Il rapporto parla nello specifico della fascia di età 10-19 anni, suddividendola in "prima adolescenza", nel periodo compreso tra 10 e 14 anni e "tarda adolescenza", quella che va dai 15 ai 19 anni. Gli interventi su questi due segmenti di giovani sono importantissimi, ma sembrano essere stati spesso messi in secondo piano (e lo dico ottimisticamente) rispetto alle questioni della prima infanzia (0-5 anni***). In riferimento al tema del lavoro circa 1/4 dei working poor del mondo è rappresentato da ragazzi con età compresa tra i 14 e i 19 anni (Unicef, 2011:4). Se in occidente il problema occupazione riguarda un 20% in Europa e in paesi come Spagna, Portogallo e Italia invece il dato è prossimo al 30% o superiore, di ragazzi sopratutto istruiti, nei PVS tale questione riguarda indistintamente istruiti e non (dove per istruzione c'è da intendere per lo più quella primaria). Il problema maggiore per questi individui è l'impossibilità di accedere all'istruzione secondaria (scuole medie inferiori e superiori) e quindi l'impossibilità di acquisire "conoscenze" e "competenze". I sistemi culturali inoltre e la gestione del potere nelle comunità locali, promuovere discriminazioni basate sul sesso dell'individuo, per cui si tende a far studiare i maschi più grandi e non quelli più piccoli, men che meno le femmine che spesso, come già detto, in concomitanza con l'arrivo del menarca vengono considerate adulte (perché pronte per procreare) e dunque come un "costo che può essere smaltito dandole in matrimonio". Solo in Africa ci sono oltre 70 milioni di adolescenti che non ha potuto completare l'istruzione primaria. 
Il circolo che ne consegue è devastante e negativo, specialmente per le ragazze. I maschi si trovano costretti a lavorare già in prima adolescenza, e le femmine a volte sono già madri. Da questo discendono numerosi effetti negativi: stress, insoddisfazione, assenza di visione sul futuro, malattie e povertà. La discriminazione su base sessuale è una delle fonti più importanti di costruzione delle disuguaglianze: spesso la discriminazione delle bambine e delle adolescenti comporta violenza e abuso sessuale(****).  
All'interno di questo agghiacciante circolo vizioso di sfruttamento, deprivazione, povertà e oppressione, la discriminazione è il collegamento tra i vari aspetti. Non a caso nel rapporto è dato ampio spazio agli interventi da fare contro le discriminazioni delle bambini a favore di un maggior "empowerment" (concetto altamente complesso e ambiguo su cui non mi soffermerò in questa sede ma che è importantissimo). Tali interventi sono ancora una volta, di carattere "culturale" miranti cioè a "modificare" delle consuetudini secolari: il matrimonio delle bambine tra gli 8 e i 12 anni; l'escissione e le mutilazioni genitali femminili, l'idea che la donna sia una proprietà dell'uomo e che a questo tutto sia concesso e perdonato, l'idea che sia maschi che bambine abbiamo un obbligo di sudditanza nei confronti dei più anziani e così via... (Su questo aspetto torneremo in un post successivo relativo agli interventi di cooperazione nei PVS). La sfida è dunque quella di includere gli adolescenti nell'agenda politica globale per gli interventi su salute, istruzione e lavoro. Questo impegno include il caso dei giovani italiani, francesi, spagnoli, ma guarda sopratutto a quei contesti dove la popolazione giovane è veramente determinante e consistente (in Etiopia per esempio, oltre il 50% della popolazione ha meno d 24 anni, in occidente rappresentano meno di 1/5 del totale, sintomo dell'invecchiamento delle nostre società). Il grafico che segue illustra un riassunto della condizione occupazionale dei giovani nel mondo. 


Grafico 2. la disoccupazione giovanile nel mondo, tendenze globali 
































Tra le molte cose che ci sono, mi è apparso come molto rilevante il fatto che in nessuna pagine fosse fatto accenno alle discriminazioni di "genere". In molti paesi del mondo l'omosessualità, per esempio non solo è considerata negativamente e può comportare stigma sociale, oltre che violenza, ma è anche reato, e molti giovani vengono condannati a morte per questo non crimine. Come report internazionale ho trovato interessante notare questa mancanza grave, probabilmente riflette l'ambiguità delle istituzioni internazionali nel trattare un aspetto così particolare delle discriminazioni, per questione probabilmente politiche, ma tra le principali cause di morte degli adolescenti, non si trovano più le malattie come nella prima infanzia o la malnutrizione, bensì gli incidenti e la violenza (per guerre, per sfruttamento, per contrapposizioni di vario tipo tra cui la discriminazione di genere, numericamente residuale? non so, ma non credo sia corretto mettere i morti su una bilancia, anche un solo condannato per omosessualità deve essere tenuto in mente). 


Alcune conclusioni 


In conclusione la questione dei giovani è non solo un problema "locale", ma "globale". Il sempre minor numero di giovani in occidente, e il rispettivo aumento nei PVS comporta numerose osservazioni. In un mondo tecnologicamente sempre più avanzato dove anche l'economia necessità di competenze sempre più specifiche e solide, la piaga dell'istruzione secondaria limitata nei PVS è grave, perché nel futuro prossimo non ci saranno individui competenti per coprire posti di lavoro cruciali. In occidente il progressivo invecchiamento della popolazione e la tirannia dei vecchi (ho esagerato) sui giovani, che entrano sempre più tardi nel MdL (anche dopo i 25-30 anni per la prima volta) comporta una necessità di rinnovamento che viene scoraggiato dal sistema-paese (vedi caso italiano). Ma con il fenomeno della globalizzazione è necessario tenere a mente anche i flussi di migranti che arriveranno nella speranza di trovare condizioni di vita migliori (e saranno quelli che nei loro paesi stanno meglio a spostarsi, i più disagiati resteranno intrappolati dove sono). Se non vengono realizzati interventi ad hoc nei PVS per migliorare la condizione dell'istruzione e del lavoro, offrendo delle possibilità concrete di empowerment non solo per donne ma anche per gli uomini, dove per empowerment si intende "il dare potere" il "dare strumenti per fare qualcosa" allora la condizione dei giovani nel mondo che oggi è tragica, sarà a breve la condizione di tragica di tutte le età in un futuro non molto lontano. 

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* cfr. la realtà come costruzione sociale, di Berger e Luckmann, 
** Per poter discutere delle questioni legate al lavoro, all'istruzione e al problema delle prospettive future, in modo comparato con i paesi in via di sviluppo, è necessario ragionare su range di età molto diversi rispetto a quelli occidentali (15-24 anni, per esempio) perché, il contesto storico e socio-economico di questi paesi ha definito responsabilità e obblighi diversi per individui di età inferiore ai 15 anni.
*** Non a caso UNICEF è nota sopratutto per gli interventi che riguardano l'infanzia, ma pochi sanno che all'interno delle Nazioni Unite il fanciullo è definito come colui che ha dagli 0 ai 18 anni. La % maggiore di interventi UNICEF (ma non solo) hanno riguardato, negli ultimi cinquant'anni, sopratutto le campagne di vaccinazione e di accesso alla prima istruzione per i bambini di età tra gli 0 e i 9 anni. Con risultati importanti e positivi, ma in tutto ciò ci si è dimenticati di coloro che dopo il nono anno di età finivano allo sbaraglio. 
**** sono d'accodo con Marco Scarpati, presidente ECPAT Onlus Italia, quando dice di "odiare" la parola abuso, perché sottende che sia lecito un qualche "uso". Invece non è lecito nessun tipo di "uso" dei bambini e degli adolescenti, sotto nessun punto di vista. L'utilizzo dell'espressione abuso sessuale è dunque solo una prassi che si è consolidata, ma devo ,per questione di precisione terminologica e di rispetto nei confronti di chi vive una condizione di questo tipo, esprimere la mia "non approvazione" nell'utilizzo generale di questa espressione. 

PARLARE DI GIOVANI FA TENDENZA?

Parlare di "giovani" è in questo ultimo periodo un argomento che fa tendenza. I politici ne fanno uso per ottenere consenso, spiegando che questa situazione proprio non va più bene: disoccupazione giovanile quasi al 30% (quella che riguarda i giovani tra i 15 ed i 24 anni; al 22% se si considerano anche quelli tra i 25 ed i 29 anni*); in aumento il numero di NEET (circa 2 milioni di ragazzi che non studiano e non cercano lavoro); effetti devastanti dal punto di vista sociale e culturale, infatti l'età in cui i "giovani" escono di casa si fa sempre più alta, si sposano meno e più in là nel tempo, fanno pochi figli e talvolta non ne fanno affatto. Insomma, è proprio una catastrofe. Eppure di interventi realmente pensati per i giovani non se ne vedono: come hanno osservato Boeri e Galasso (2009) la struttura italiana del mercato del lavoro sembra pensata proprio per penalizzare i più giovani. Privilegi per i più anziani, minori opportunità per i più giovani: dal mondo universitario a quello scolastico, dal mondo imprenditoriale a quello della politica. Una realtà contro i giovani.  Eppure, tutti parlano dei giovani e da anni dicono che occorrono interventi urgenti e importanti.
Un'analisi non solo giornalistica, o polemica (ogni tanto viene da essere polemici ed ironici) ma sociologica potrebbe aiutare a comprendere (o almeno tentare) le motivazioni di questa condizione e forse potrebbe essere utile anche per l'individuazione di possibili soluzioni/proposte di intervento. Dal punto di vista culturale in Italia è considerato giovane un quindicenne tanto quanto un trentenne, tant'è che in alcune indagini, per esempio la rilevazione dei NEET, in paesi come UK e Germania viene usata una fascia di età tra i 15 ed i 24 anni, mentre in Italia la fascia di età considerata è quella tra i 15 ed i 29 anni. Forse è poco immediato, ma nasconde una grande differenza nella concezione stessa di chi è un "giovane". Malgrado ciò, questo dato non stupisce, il significato di un concetto varia da contesto a contesto e questo perché la "realtà è una costruzione sociale", siamo noi che diamo il significato e il senso alle parole che usiamo e dunque la domanda che occorre forse porsi è: perché in Italia è giovane un 15enne (adolescenza) tanto quanto un 30enne (età adulta)? La sociologia della famiglia in questo ha fatto molto, analizzando la condizione dei giovani come un fenomeno complesso, dunque multidimensionale: conta la situazione economica, ma non solo, hanno grande rilevanza il background culturale e sociale, le strutture di potere e le regole tacite ed esplicite di una data società. L'analisi sociologica ha il vantaggio, o per lo meno è ciò che io credo, di riuscire a cogliere la rilevanza di una molteplicità di fattori, al fine di offrire un quadro quanto più esaustivo del fenomeno in esame. L'elemento che pare avere il maggior peso è quello relativo alle "relazioni intra-familiari"; quello che Boeri e Galasso hanno definito "familynet" (Boeri e Galasso, 2009:101) e al modo con cui si sono configurate durante il tempo.
Nel contesto italiano il ruolo della famiglia è forte, perché sopperisce alle carenze dello Stato nell'erogazione dei servizi di sostegno sia ai giovani che agli anziani (Saraceno, 2009). Però questo ruolo sembra essere venuto meno di recente, a causa delle dinamiche che hanno visto, negli ultimi vent'anni, i giovani ora adulti (40-enni) metter su famiglia tardi, trovare un lavoro più o meno stabile tardi e aver fatto un solo figlio. Con nuclei familiari così ridotti, anche il ruolo delle famiglie sembra essere destinato a venir meno, e nell'interpretazione di molti questo è il motivo per cui i giovani di oggi, probabilmente avranno un domani molto peggiore dei propri padri e dei propri nonni. Lo Stato sembra non fare nulla per intervenire e senza le famiglie come "paracadute" i giovani sono lasciati a se stessi. Non a caso la povertà si è diffusa sopratutto nelle fasce più giovani di popolazione, nelle famiglie monogenitoriali e sopratutto al sud (**).
La questione della geografia è un altro fattore importante: la condizione dei giovani non è la stessa al nord al centro e al sud. Come per molti altri fenomeni, anche il contesto in cui si vive conta. Il sud riporta i dati peggiori, questo sopratutto per la mancanza di un apparato politico ed economico efficiente, anche se il familynet può essere più influente che al nord, dove il modello di famiglia che si è andato affermando negli ultimi vent'anni è sempre più identico a quello nord-europeo: entrambi a lavoro, un solo figlio, il nuovo nucleo familiare più lontano rispetto a quello della famiglia di origine (al sud è l'esatto opposto).
In conclusione, la questione giovanile è complessa e difficilmente può trovare una soluzione semplice e unica, ossia valida in tutti i contesti regionali, magari con lo scopo di "imitare" gli altri paesi europei. In Italia la situazione non è solo meramente economica, ma interessa anche la dimensione politica e socio-culturale. La questione giovanile è cruciale perché è al centro dell'intreccio tra economia, politica e società. Trovo che sia facile dire: "aiutiamo i giovani", molto meno facile dire "come".
Si è data una qualche ricetta? No, in questo articolo non si voleva dare una risposta, ma mettere in evidenza la complessità dell'argomento, e sottolineare che troppo spesso il problema fa tendenza e nasconde per lo più interessi che trascendono la volontà di conoscere, capire, interpretare e voler risolvere una questione.

Fig.1. Confronto del tasso di disoccupazione (TD) 15-24 anni tra il 2009 e il 2011, per area geografia con le medie IT e UE, 


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* cfr. Forze lavoro mensili, ISTAT (2011) e lavoce.info - sezione "lavoro" e "famiglia;
** cfr. Indagine sulla povertà ISTAT (2010)

venerdì 17 giugno 2011

RECENSIONE DI: CONTRO I GIOVANI - COME L'ITALIA STA TRADENDO LE NUOVE GENERAZIONI - Di Tito Boeri e Vincenzo Galasso

"Contro i Giovani" è il titolo di un saggio scritto da Tito Boeri e Vincenzo Galasso (*) nel 2009 che intende descrivere la condizione socio-economica dei giovani italiani visti come le vittime del sistema-Italia. 

Boeri e Galasso usano un linguaggio giornalistico (come affermano loro stessi) al fine di rendere il testo più scorrevole e accessibile. Non ci sono approfondimenti teorici e non c'è un uso  eccessivo di dati numerici. Gli autori discutono la questione dei giovani da una prospettiva sociologica più che economica. Il concetto chiave che viene utilizzato è quello di "generazioni"(**). Il problema che viene messo in evidenza dagli autori è il legame tra le diverse generazioni (nonni-figli-nipoti) nel contesto politico e culturale italiano. Boeri e Galasso spiegano come la condizione negativa (e grave) attuale dei giovani tra i 15 ed i 29 anni sia il risultato dell'egoismo e della poca lungimiranza delle generazioni più anziane. La logica del breve periodo ha prevalso rispetto a quella di lungo periodo, producendo effetti negativi che si sono riversati quasi totalmente sulle generazioni più giovani e che avranno effetti ancora più devastanti su quelle che dovranno ancora venire. 

La situazione economica è negativa, la crisi del 2008 ha peggiorato la situazione generale e sono sempre i giovani a scontare maggiormente i costi. Introducendo la categoria di "genere"(***) inoltre, gli autori osservano come la situazione sia più insostenibile per le giovani donne, anche se rispetto al passato hanno avuto maggiori possibilità nell'accesso all'istruzione e al mercato del lavoro. 

Il libro sfrutta alcune storie di vita di persone di coorti di età differenti, dove vengono raccontati i fatti più importanti che hanno segnato l'esistenza di queste persone. Il confronto mette in luce, secondo gli autori, un completo stravolgimento delle prospettive di vita tra le generazioni passate e quelle più giovani: le guerre e la questione della libertà, per i "nonni"; il posto fisso e il matrimonio per le coorti di età centrali "i padri"; la "precarietà" e una "assenza di prospettive future" per le coorti di età più giovani. 

L'analisi complessiva cerca di tenere assieme fattori politici e culturali, con fattori sociali e storici. Lo stile giornalistico rende la lettura molto scorrevole e piacevole, a tratti divertente, a tratti drammatica. Tuttavia, il testo manca di approfondimenti essenziali e di cura su concetti che sono, sociologicamente molto rilevanti, come appunto le categorie di "genere" e di "generazione".

Per chi decide di leggere questo saggio consiglio di prendere appunti, perché getta numerosi spunti di riflessione, tutti accennati e non approfondite che sicuramente destano curiosità. Interessante, a mio avviso, la definizione del rapporto tra le generazioni che non si susseguono, ma coesistono come in una corsa a staffetta; il ruolo importante dei fattori storici e culturali che hanno determinato e che definiscono tutt'ora, il nostro modello di famiglia, con le relazioni che si instaurano al suo interno (gli autori parlano di familynet); e della questione del sentimento dell'egoismo, che gli autori descrivono come "l'egoismo verso i figli degli altri" e "l'iper protettività verso i propri figli" (*****).

Titolo: Contro i Giovani. Come l'Italia sta tradendo le nuove generazioni; 
Tito Boeri e Vincenzo Galasso, Oscar Mondadori, Milano, 2009. 
Pagine: 162
Costo: 9 euro

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* Tito Boeri è docente di Economia del lavoro in Bocconi ed è il fondatore de lavoce.info; Vincenzo Galasso è docente di Polical Economy in Bocconi ed è ricercatore presso il Center for Economic Policy Reasarch di Londra. 
**Gli autori utilizzano una metafora sportiva per dire che le generazioni vengono erroneamente concepite come momenti che si susseguono senza quindi incontrarsi, invece è come se le generazioni facessero il gioco della staffetta, si incontrano per darsi il cambio ed occorre che queste stiano al passo per non perdersi;
***Con Genere gli autori trattano solo della distinzione sessuale maschio/femmina, tralasciando completamente la letteratura relativa alle questioni di genere, che i sociologi sanno essere qualcosa di più che non la distinzione biologica tra m/f
****Il concetto di Familynet è interessante e approfondisce la questione del familismo amorale di Banfield. L'analisi, come si è detto è di stampo giornalistico, e dunque chi legge non deve stupirsi se ci sono diversi stereotipi non destrutturati e non posti in un'ottica critica. Direi forse che c'è un eccessivo grado di generalizzazione.