Discorso su "l'atomo sociale" di Mark Buchanan;
Tra le molte domande che affliggono gli scienziati sociali ce
ne è una particolarmente opprimente: ma la mia disciplina, sia essa la
sociologia, l’antropologia, l’economia o la psicologia, è o no, una scienza? Se il metro con cui si misura
il livello di scientificità di una disciplina è quello relativo a quanto si
utilizzano formule e numeri, equazioni e grafici, dunque quanto si fa ricorso
agli strumenti della matematica e della statistica, allora l’economia è la
disciplina delle scienze sociali che merita più di tutte il titolo di
“scienza”.
In un recente libro dal titolo “L’Atomo Sociale”, il fisico
teorico Mark Buchanan ha però spiegato che per quanto l’economia faccia ampio
utilizzo di formule, equazioni e complessi modelli statistici, il grado di
efficacia di questo set di strumenti è pressoché nullo. Dice Buchanan che la
capacità predittiva dei modelli economici è ampiamente fallace per svariate
ragioni (che la nuova sociologia economica da Mark Granovetter in poi ha
comunque ampiamente spiegato, ben prima di questo libro di fisica sociale):
- A) Gli economisti assumono che l’individuo sia
perfettamente razionale, ma nel fare ciò compiono una grande astrazione. In
poche parole, l’oggetto d’analisi dell’economia à la Friedman, è totalmente irreale;
- B)Gli
economisti escludono che l’individuo possa non essere pienamente razionale,
perché questo complessificherebbe i
modelli matematici, quindi non sarebbe razionale e nemmeno pratico;
- C)Gli economisti ipersemplificano la realtà solo
per confermare ciò che intendono confermare, dunque non prevedono niente nei
loro modelli, perché sono totalmente distaccati dalla realtà concreta, a
differenza di ciò che fa la fisica, che con i propri armamenti concettuali
riesce a prevedere con una precisione inaudita una ampissima gamma di fenomeni;
Nella sua invettiva contro l’economia (che trovo ampiamente
corretta) Buchanan spiega che il problema non è che è impossibile prevedere i
comportamenti umani, ma che per farlo occorre stravolgere il modello di
riferimento: l’assunto è che non è impossibile realizzare una vera scienza
sociale pur con elementi d’analisi particolari come gli esseri umani.
L’atomo sociale è l’individuo, e al pari di ogni altro elemento
chimico e fisico, è soggetto a regole universali che se individuate
permetterebbero di raggiungere la creazione di una vera scienza sociale, grazie
anche alla matematica e alla fisica. Gli economisti non hanno successo nelle
loro previsioni perché i loro modelli sono concettualmente errati. Attraverso
un ampio ventaglio di esempi, Buchanan spiega come alcuni out-sider
dell’economia abbiano cercato di superare questo problema applicando proprio le
regole della fisica all’economia e come psicologi e sociologi abbiano provato a
fare lo stesso su fenomeni che apparentemente non possono essere osservati e
interpretati attraverso l’apparato teorico delle scienze dure. Così ci sono casi di economisti che applicano le leggi
fisiche sul caos ai mercati finanziari, psicologi e sociologi che studiano il
fenomeno della segregazione razziale con esperimenti in laboratorio con
monetine e software al pc; altri cercando addirittura di interpretare il
formarsi di fenomeni di massa (spostamenti nelle folle, la violenza, le mode,
l’acquisto di beni di lusso…) attraverso frame work presi in prestito dalla
fisica. Secondo Buchanan questo modo di procedere ha prodotto risultati
interessanti, seppur ampiamente difettosi, ma con livelli di scientificità
superiori.
Al di là del fascino che queste ipotesi suscitano in chi
legge, specialmente se a leggere è un cosiddetto scienziato sociale (nello
specifico un sociologo); non si può fare a meno di notare svariati punti deboli
e problemi che Buchanan non spiega e non risolve.
Per esempio, non dimostra (come un fisico dovrebbe fare) che
un individuo è realmente assimilabile ad un atomo, nello specifico che possa
generare strutture extra-individuali. Se penso ad un atomo, non riesco a
concepirlo come un individuo (e Buchanan lo ammette), perché stento a concepire
un atomo che dialoga, che si infuria, che piange o che ride, che prende
decisioni o che si sposa o fa altro. Quando due atomi si incontrano e si
connettono, interagendo secondo legami (forti, deboli, a ponte d’idrogeno e via
dicendo…) alla nostra percezione appaiono un tutt’uno: una sedia, un cubetto di
ghiaccio, un metallo… due individui che interagiscono e si connettono danno
vita ad un entità terza (se è un legame sessuale) con una nuova identità, ma le
unità precedenti non si dissolvono, nemmeno nella percezione: il soggetto A
resta il soggetto A, nella sua struttura biologica e in gran parte anche nella
sua dimensione psicologica (seppur con trasformazioni più o meno rilevanti);
l’individuo B resta B, mentre l’individuo C è altro da A e altro da B.
Buchanan suggerisce comunque di superare questo problema
tralasciando la specificità dell’individuo atomo, e di guardare all’effetto
delle interazioni, così da ragionare in un’ottica di “sistema”. Quindi per esempio, in una folla che si crea
spontaneamente (o un ingorgo), senza un motivo specifico, è possibile osservare
il formarsi di strutture che si auto-organizzano e si auto-alimentano. Quindi
si sviluppano delle correnti, per cui un soggetto che vuole muoversi, si fa
strada, attirando un altro soggetto che vuole muoversi, e così via per altri
individui, così che altri flussi di individui invece di scontrarsi si spostano
parallelamente e in direzioni anche opposte. Le auto che iniziano a rallentare
senza che si sia verificato un incidente, rallentando fanno rallentare altre
auto, e dunque si ha un ingorgo fantasma…
Per Buchanan queste sono manifestazioni di strutture sociali
osservabili e prevedibili proprio perché si tratta di strutture, nate a
prescinde dalla volontà dell’individuo (e degli individui).
Tuttavia, ciò che mi verrebbe da dire è che piuttosto che
creare strutture extra-individuali come anonimi atomi che si incontrano e
interagiscono, gli individui reagiscono,
al mondo materiale con degli scopi precisi: le macchine che rallentano perché
si trovano davanti qualcuno che va piano, rallentano perché non vogliono
scontrarsi e farsi male, e così via per le altre macchine. Allora, in questo
caso posso spiegare perché si verificano ingorghi, individuando l’automobilista
X che va piano. Ma posso prevedere quando si formerà un ingorgo e dove, allo
stesso modo di come posso prevedere il formarsi di una tempesta?
In queste reazioni sociali; si hanno margini di libertà che
diminuiscono ampiamente i livelli di prevedibilità delle azioni: se in questi
flussi alcuni individui decidono (un
atomo connesso in un legame, non decide di scinderlo, può spezzarsi per effetto
di altri atomi ma non credo per una sua spontanea volontà) di spostarsi oltre i
flussi, o di superare gli altri lo possono fare e quindi ci sarebbero elementi
“di disturbo” che normalmente in fisica e in chimica non si trovano, o sono
talmente rari come avvenimenti che sono trascurabili. Buchanan allora
suggerisce di fare lo stesso con gli individui, perché «spiegare qualcosa significa concentrarsi sui particolari che contano
e ignorare quelli che non contano, ed è così che dobbiamo affrontare l’atomo
sociale e il mondo composto da atomi sociali»: quindi i “disobbedienti” e i
“non conformi” possono essere esclusi dall’analisi?
Se la risposta è
si, allora questo comporta ciò che nelle scienze sociali è prassi, nessuna
novità, ossia la discrezionalità del ricercatore (l’oggettività non è assoluta,
evidentemente nemmeno nelle scienze naturali). E cosa discosterebbe questo nuovo
modo di pensare e agire, dall’applicazione della scelta razionale in economia?
Quando Buchanan
tenta di spiegare fattori eminentemente sociali come la cooperazione, o
psico-sociali, come la fiducia, l’imitazione e la capacità di adattamento (che
sono le quattro capacità peculiari dell’essere umano computate dal fisico
teorico) accade secondo me ciò che era prevedibile: si contraddice. In che
modo? A mio parere nel fatto che tratta l’atomo sociale non diversamente da
come lo fa la sociologia contemporanea (cita più volte Mark Granovetter per
esempio e le sue analisi) , ossia parlando tra le righe di “razionalità
limitata”; “irrazionalità”; “imprevedibilità”; l’influenza del contesto –
l’embeddedness; e via dicendo. Tuttavia ciò che mi chiedo è, come è possibile
applicare il metodo e gli strumenti della fisica ad elementi che non
condividono quasi nessuna proprietà con quelli manipolabili dalla chimica e
della fisica? Se non per il fatto che da essi siamo composti e, quindi che
posso al più prevedere che bevendo molta acqua, per come funziona il sistema di
drenaggio/spurgo dei liquidi nel corpo umano (o animale in generale), nel giro
di poco tempo dovrò andare ad espellere questi liquidi? O che, se resto privo
di acqua e cibo per un tot. di tempo sicuramente morirò?
Mistero, perché
Buchanan non offre risposte precise e non dà linee guida (nessuno lo richiedeva,
ma da un fisico ci si aspettano input e output osservabili, misurabili e
confrontabili, non solo dissertazioni teoriche). Tuttavia nelle sue esemplificazioni
(trattate quasi esclusivamente su esperimenti di altri studiosi) egli tralascia
sistematicamente (una struttura?) il fatto che rispetto a ciò che accade in un
laboratorio fisico o chimico, una volta che le molecole in questione vengono
fatte interagire si sa esattamente cosa accade (o ci si avvicina molto): se
metto un recipiente con dell’acqua su una fonte di calore, so per certo che
raggiunta una certa temperatura (oggi o domani, qui o in Australia), diciamo circa 100°C, l’acqua comincerà ad evaporare,
fino a dissolversi nell’aria, lasciando il recipiente vuoto. Se l’esempio è
banale, e scontato perché è un’attività quotidiana, allora pensiamo all’ambito
medico: se inietto ad un paziente una dose massiccia di potassio in vena, so
per certo che la conseguenza per l’individuo in questione sarà l’arresto
cardiaco. In poche parole nell’ambito delle scienze naturali ho la possibilità
di individuare la relazione causa-effetto con un’ampia gamma di azioni, e posso
stare quasi certo che una volta fatto un certo esperimento tale relazione non
cambierà sostanzialmente nel tempo.
Con gli uomini questo ragionamento non
funziona così.
In uno degli
esempi più accattivanti, cerca di spiegare l’origine delle folle e della
violenza, mutuando da Granovetter l’idea delle differenti soglie con cui un individuo è disposto a cedere rispetto
alle decisioni del gruppo. Ci saranno individui con resistenza 0 ossia coloro
che scateneranno la rivolta, per esempio, e a seguire individui con un livello
crescente di resistenza alla rivolta. Attraverso un processo di imitazione (capacità
di imitazione intesa come proprietà dell’atomo sociale) l’atomo sociale a
resistenza 0 attirerà a se quello a resistenza 1, poi 2 e così via in una
catena di eventi, fino a coinvolgere individui a resistenza 99 o 100. Se ciò
fosse vero, credo che le folle violente, le rivolte e via dicendo, sarebbero si
individuabili ma a certe condizioni che mi sembrano astratte tanto quanto
l’applicazione del modello del modello domanda-offerta nel mercato. 1) Devo
individuare l’individuare a resistenza 0, quindi il potenziale istigatore, in
tal modo posso soffocare la rivolta prima che quell’individuo la inneschi, ma
poi dovrò fare lo stesso con gli individui a resistenza via via crescente. Non
è certo che l’individuo a resistenza 99 non scateni la rivolta, perché
potenzialmente non è impossibilitato dal farlo, è solo altamente improbabile
(quindi, non impossibile). E la domanda è: come si fa ad individuare questo
individuo? Non si sa. Non può essere catalogato come lo sono il cobalto, lo stronzio o l’uranio nella
tabella degli elementi.
Non solo, 2) affinché
la rivolta si realizzi, suppongo è necessario che gli individui con resistenza
0, 1, 2…10 che sono quelli a più alto rischio di generare una rivolta, siano
contemporaneamente presenti in uno spazio più o meno definito, così che questa
rivolta inizia a prendere forma. Se in un perimetro circoscritto ci sono atomi
sociali con differenti livelli di resistenza, allora che succede? Non si sa di
preciso. Ma ancora, 3) se un atomo sociale a livello di resistenza alla rivolta
pari a 0 innesca un atto di violenza (incendia un auto), e nei paraggi c’è un
atomo sociale a resistenza alla rivolta pari a 99, allora che succede? Agirà o
non agirà? Quale è la reazione prevedibile? Positiva, negativa o neutra? Ma
ancora, 4) se in questa catena di accadimenti uno degli atomi decide di
staccarsi dal gruppo dopo avervi partecipato? Lo può fare, e le ragioni per cui
può farlo sono molte e diverse: perché ha paura, perché non è più interessato,
perché si è ricreduto! E questo è il
punto che credo essere il più complesso e ambiguo in questo modo di ragionare.
Se l’uomo, come afferma lo stesso Buchanan, ha la capacità di correggersi e di
mutare il proprio comportamento sulla base dell’apprendimento e
dell’adattabilità (niente di nuovo sotto il sole, molti filosofi lo hanno
osservato, mi piace ricordare soprattutto il discorso sull’origine della
disuguaglianza di Rousseau, che individua proprio in questa capacità ciò che ci
distingue dagli animali, anche se non pienamente così come ha dimostrato la
scienza negli ultimi decenni), ossia errando e cambiando se stesso, allora come
la mettiamo? Ce la vedete una molecola di ossigeno “O” che si pente di essersi connessa alla doppia
molecola di idrogeno (H2)? Io francamente no.
L’atomo sociale è
in linea teorica molto interessante come concetto, l’idea di ragionare per
strutture è molto affascinante, ma il metodo scientifico della fisica e della
chimica, piuttosto che della matematica sottende una logica eccessivamente
deterministica per poter valere anche nell’analisi dei contesti sociali. In
questi ambiti, è molto semplice individuare effetti di causalità tra un dato
fenomeno e un altro, è facile prevedere in ogni tempo e in ogni luogo, che l’acqua
a temperatura 100°C evapora, non è scontato predire se in un gruppo di
facinorosi, qualcuno intende dissociarsi e perché, e tanto meno è semplice
prevedere quando e come si svilupperà una rivolta, o quando si realizzerà un
crollo della borsa, o altro di questo tipo (non è impossibile, d’accordo, ma
con quale metodo?).
Diceva Isaiah
Berlin, proprio criticando il determinismo, che la sua affermazione non poteva
coesistere con l’ammissione del libero arbitrio (l’ambito di discussione è
ovviamente diverso da quello del fisico Buchanan, era rivolto all’idea di
libertà e di scelta). Se l’uomo può scegliere, correggersi e discostarsi quando
vuole dal resto del gruppo, allora è non accettabile l’idea che ogni sua azione
sia pre-determinata e dunque prevedibile ex-ante.
A mio parere è lo
stesso problema su cui si scontra Buchanan, ammette che l’uomo è diverso
dall’atomo, ma deve essere trattato più o meno allo stesso modo, ammette che
l’uomo può correggersi, ma considerando i macro-fenomeni suggerisce di ignorare
queste piccole deviazioni, poiché non sono così rilevanti. Però, a volte sono
proprio quegli outsider a determinare cambiamenti epocali nelle strutture
sociali. E a quale legge fisica sono assoggettabili i diversi singoli atomi
sociali che hanno smosso poi alcuni eventi della storia dell’umanità in modo
così eclatante e imprevedibile? (Ghandi, Martin Luter King, Rosa Parker; o in
negativo Hitler, Stalin…). Karl Popper aveva scritto che tra le varie
caratteristiche che ci appartengono c’era quella di fare delle scoperte,
ebbene, se ci fosse la possibilità di prevedere ex-ante ciò che si farà,
nemmeno la categoria della scoperta avrebbe più senso. Era prevedibile che uno
sconosciuto medico scoprisse la penicillina, dalla muffa di un battere?
Con il
senno di poi si possono dire tante cose, che da questi eventi si possa
apprendere è senza dubbio vero, ma che sia possibile ricreare situazioni più o
meno identiche o ritrovarle e dunque prevederle, mi sembra altamente
improbabile. Con al recente scoperta della velocità dei neutrini, che supera
quella della luce, forse anche le leggi della fisica devono essere riviste e
dicono alcuni noti fisici che se questa scoperta si rilevasse vera (nelle scienze sociali il concetto
di verità è al quanto insidioso,
anche in economia); si incorrerebbe nell’assurdo: un input potrebbe essere
percepito ancora prima di essere emesso!?
Nella mia
rassegna critica non voglio sminuire questo importante contributo teorico (non
ne ho le competenze né le capacità), e credo che la sua lettura possa essere
davvero interessante ed illuminante, perché offre spunti nuovi di riflessioni,
tuttavia fatico a vedere una qualche reale applicabilità rispetto a queste
proposte. Tanto in economia, quanto in psicologia e sociologia.
___________
L’atomo
sociale – Il comportamento umano e le leggi della fisica
Mark
Buchanan,
Mondadori,
2008
pp:
224
costo:
18 euro (attualmente ci sono sconti del 30%, verificate)